Colonialismo – Intrecci globali della Svizzera
Sin dal XVI secolo, la società svizzera è sempre più interconnessa a livello globale. In undici capitoli, la mostra si è soffermata sui campi di attività legati al colonialismo che hanno visto il coinvolgimento di svizzere e svizzeri e spaziano dalla partecipazione alla tratta delle persone ridotte in schiavitù allo sfruttamento di esseri umani e di risorse naturali giustificato dalla ricerca scientifica dell’epoca, passando per il servizio mercenario nelle colonie.
Lungo il percorso espositivo sono state presentate non solo personalità e istituzioni provenienti dal territorio dell’attuale Svizzera, ma anche persone ridotte in schiavitù e vittime del colonialismo che a questo hanno opposto resistenza, benché oggi molte tracce siano andate quasi perse.
L’eredità del colonialismo europeo continua a plasmare il mondo di oggi. Nella parte finale della mostra il pubblico era invitato a confrontarsi con dibattiti d’attualità.
Troverete qui una selezione di contenuti tratti dalla mostra presentata al Museo nazionale a Zurigo dal 13 settembre 2024 al 19 gennaio 2025. La mostra verrà esposta in forma adattata al Castello di Prangins dal 27 marzo all’11 ottobre 2026.
Contenuti
A partire dalla fine del XVI secolo, i mercenari svizzeri prestano servizio negli eserciti coloniali europei e partecipano a violente campagne di conquista e di mantenimento dell’ordine coloniale.
La disoccupazione e l’indigenza materiale, ma anche i modelli maschili che esaltano l’eroismo e la sete di avventura, sono fattori determinanti che spingono ad arruolarsi negli eserciti stranieri. Benché il servizio mercenario venga vietato nel 1859, arruolarsi negli eserciti stranieri rimane possibile. Migliaia di giovani svizzeri prestano servizio nella Legione straniera francese e nel Reale esercito delle Indie orientali olandesi, nell’Asia e nell’Africa coloniali.
A partire dal 1600 gli Stati coloniali fondano le cosiddette colonie di popolamento, dove le europee e gli europei devono coltivare terre apparentemente senza proprietario e dedicarsi al commercio. Così facendo contendono queste terre alla popolazione indigena.
Anche se l’emigrazione svizzera proviene perlopiù da ambienti poveri, sul lungo termine una buona parte beneficia, in quanto bianca, delle strutture di potere dominanti e contribuisce a cacciare in modo violento la popolazione autoctona – in Nord e Sud America soprattutto e, in alcuni casi, anche in Asia e Africa.
A partire dal XVI secolo i missionari svizzeriprimi tra tutti i gesuiti in America latina – sono attivi in quasi ogni regione del globo per condurre alla fede cristiana le popolazioni che vi abitano. Una delle prime e delle maggiori organizzazioni missionarie evangeliche in Europa è la Missione di Basilea.
Membri delle missioni di ambo i sessi fondano ospedali e scuole insieme alle autorità locali. Talvolta sono all’origine di cambiamenti sociali, ma spesso le loro relazioni con la popolazione indigena sono plasmate dalla visione paternalistica che hanno del proprio compito. Di ritorno in patria, trasmettono l’immagine di culture inferiori nei territori colonizzati.
Fino alla fine del XVII secolo la presunta superiorità della cultura cristiana è ritenuta l’espressione di un «ordine divino». Questa idea è però messa in discussione con l’Illuminismo.
A cavallo tra il XVIII e il XIX secolo, si consolidano in Europa le «teorie razziali» che motivano la presunta superiorità della «razza bianca» non più con la religione, bensì con fattori «biologici»: questi includono caratteristiche fisiche come la struttura dei capelli, il colore degli occhi oppure la forma del cranio. La «teoria razziale» che ne deriva contribuisce in modo essenziale a legittimare il dominio imperialista e lo sfruttamento delle «razze straniere» nelle colonie.
Sebbene sia stata sporadicamente criticata come pseudoscientifica in questo periodo, la ricerca sulle razze umane si afferma come un importante ramo di ricerca fino alla Seconda guerra mondiale (1939–1945). Oggi l’idea della «razza umana» è stata ufficialmente confutata, grazie anche alla ricerca genetica.
Studiosi svizzeri delle «razze umane»
Resistenza ed empowerment
A partire dagli anni 1970 diverse associazioni e singole persone si battono contro il razzismo e la discriminazione in Svizzera. Nel 1995 la norma penale contro il razzismo viene introdotta nel Codice penale. La legge protegge le persone discriminate, minacciate o sminuite per il colore della loro pelle, la loro etnia o la loro religione.
Oltre a numerose reti e organizzazioni autonome, in quasi tutti i cantoni esiste un servizio o un centro di contatto pubblici per la lotta al razzismo e alla discriminazione.
L’installazione video
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